mercoledì 8 marzo 2017

Nelle sale per la Giornata della Donna il bel documentario "Strane straniere" di Elisa Amoruso e Maria Mariani: ritratto di 5 immigrate diventate imprenditrici nel nostro Paese

Dopo l’anteprima ad Alice nella Città - Kino Panorama / Italia, nell’ambito della Festa del Cinema di Roma 2016, arriva ora in sala, proprio in occasione della Giornata delle Donne – stasera alle 20,30, al Cinema Barberini di Roma, verrà consegnato alla regista il Premio Afrodite 2017 per il Miglior documentario -, il
bel film “Strane straniere” di Elisa Amoruso, nato dal progetto e dall’idea dell’antropologa Maria Antonietta Mariani (anche sceneggiatrice). Bello e riuscito perché si tratta del ritratto di cinque straniere, appunto, che grazie alla loro forza di volontà, intelligenza e coraggio sono diventate imprenditrici in Italia. Il tutto raccontato senza ‘interferenze’ di commenti e/o voci fuori campo. Sono le stesse protagoniste a raccontarsi mentre scorrono
le immagini della loro vita e, soprattutto, del loro impegno e lavoro, in ogni campo, dalla ristorazione al volontariato, all’arte. Ovviamente c’erano anche tante altre, ma per diversi motivi – tempo, impegno, salute – hanno dovuto rinunciare a raccontare la loro storia. Ana, Ljuba, Radi, Sihem e ‘Sonia’ sono cinque donne arrivate da noi da Paesi diversi. Sono diversi i motivi che le hanno spinte a lasciare le loro radici: l’amore e la guerra, il lavoro e la curiosità, l’indipendenza o forse il destino.
Radi, Radoslava Petrova, ha lasciato la Bulgaria per un amore che si è rivelato una trappola. In Italia ha scoperto la passione del mare e della pesca, ha creato una cooperativa di sole donne, la ‘Bio e Mare’. Nel laboratorio di Carrara lei e le sue amiche preparano salse di pesce. Da quando ha lasciato il marito, queste donne sono la sua famiglia e condividono un sogno: uscire in mare con un peschereccio tutto loro. Ana Laznibat è croata, Ljuba Jovicevic è serba, entrambe sono arrivata in Italia come jugoslave, poi la guerra ha cambiato le loro nazionalità, ma non loro. Incontratesi per caso si sono ‘riconosciute’ immediatamente, diventando inseparabili. Hanno aperto una piccola galleria d’arte nel centro di Roma,
l’Atelier, che gestiscono insieme anche oggi che Ljuba si è trasferita a Francoforte con la famiglia. Sonia, all’anagrafe Fenxia Zhou, è la proprietaria del ristorante cinese più conosciuto di Roma, a Piazza Vittorio. Parenti e amici la incontrano davanti ad una tazza di the o una grappa di rose. Ogni anno prepara il Capodanno Cinese, seguendo i riti propiziatori necessari a scacciare il maligno e destinati alla riuscita della festa. Suo marito, scomparso in Cina per due anni, finalmente è tornato. E Sonia spera che il rito del lancio delle lanterne protegga il futuro del loro amore.
Sihem Zrelli e il suo compagno Ciro vivono in campagna e si occupano degli animali, ma la loro giornata è zeppa di impegni nell’associazione che Sihem ha fondato ad Aprilia, dopo l’arrivo dalla Tunisia, “La Palma del Sud”: un pezzo di mondo arabo nel paesaggio laziale, ma anche un sostegno per tutti coloro che, italiani e stranieri, si trovano in difficoltà economiche, offrendo loro derrate alimentare ma anche un possibile posto di lavoro.
“Ho scelto di raccontare le storie di queste donne – dice l’autrice -, così diverse tra loro, perché hanno trasformato una condizione di difficoltà in un loro punto di forza. Sono state in grado di vedere un paese con lo sguardo di una straniera che non si limita ad accettare una situazione, ma, nel tentativo di integrarsi, ha un’idea forte per reinventare la sua vita e ricominciare da zero”. Un quadro diverso della nostra realtà, non solo perché si tratta di donne e immigrate, ma anche perché dimostra quanto sia importante la forza di volontà e il coraggio, non solo per riuscire ad integrarsi, ma per trovare un posto degno e sicuro – e soprattutto farsi accettare e rispettare - nella nostra società contemporanea.
“Per questo ho avvertito la necessità di fare un film – aggiunge la regista -, perché non è scontato che queste donne siano riuscite a emanciparsi e a trovare una loro strada, di autonomia e indipendenza, lontano dal loro paese d’origine”. “La diversità e l’emarginazione sono temi che mi appartengono – conclude Amoruso – e negli ultimi lavori l’esperienza mi ha portato a cercare un nuovo punto di vista, con cui raccontare questi temi e allo stesso tempo riuscire a suscitare un’emozione nello spettatore”. E ci è riuscita pienamente. José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dall’8 marzo distribuito da Istituto Luce - Cinecittà

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