giovedì 13 aprile 2017

La tragedia delle madri dei foreign fighters, affrontata in modo convenzionale, in "Mothers" di Liana Marabini, con Christopher Lambert

Uno scottante tema attualità e il dilemma delle madri dei foreign fighters sono al centro di un film indipendente, raccontato dal punto di vista di una madre, scenegiato e diretto da Liana Marabini, ispiratasi a un fatto realmente accaduto. Semplicemente “Mothers”. Storia incrociata di due donne, la scrittrice vedova
Angela (Mara Gualandris) e l’impiegata marocchina Fatima (Margherita Remotti), completamente differenti per classe sociale, provenienza e religione, che si trovano accomunate da una tragedia: i loro figli Sean (Francesco Riva) e Taarik (Francesco Meola) – entrambi conosciutisi e arruolati all’università a Londra - hanno scelto la jihad e sono partiti per la Siria abbandonando tutti e tutto, abbracciando l’integralismo islamico e gettando nella disperazione le loro madri che, incontratesi in un gruppo in un gruppo di sostegno psicologico della dottoressa Diana Fortis (Victoria Zinny) diventano amiche.
Le due madri vivono una sorta di infernale odissea: vengono interrogate dalla polizia antiterrorismo, perdono il lavoro (ad Angela viene bloccata la pubblicazione del suo libro, Fatima viene licenziata), evitate da amici e parenti. Ma troveranno anche il sostegno di altri genitori nella stessa situazione, tutti in attesa che i loro figli possano rinsavire e tornare a casa. Però non sarà facile perché, mentre Taarik ha trovato quel che cercava e spera di diventare un martire, Sean
(orfano di padre inglese) deluso del trattamento riservato alle donne, delle ingiustizie e dal fatto che il ‘movimento’ faccia il traffico di droga per mantenersi e comprare armi, muobr frllr critiche al suo superiore. Infatti, nonostante si sia convertito all’Islam, il capo Omar afferma che non sarà mai un buon musulmano e gli promette di rimandarlo a casa, ma in realtà lo ha già condannato a morte. Peccato che il tutto venga raccontato in modo convenzionale e manicheo, più vicino alle fiction vecchio stile che al film destinato al grande schermo. Purtroppo, spesso non bastano le buone intenzioni e un tema
d’attualità importante per costruire un’opera che coinvolga pienamente lo spettatore. Anche perché fra retorica e pregiudizio, luoghi comuni e stereotipi, il film porta fuori strada il pubblico anziché indurlo alla riflessione, visto che tutto sembra poco credibile, anzi inverosimile. Un argomento così complesso andava approfondirlo anziché mostrato in modo superficiale, nonostante la tragica situazione raccontata, perché altrimenti si rischia di cadere nell’ambiguità e a riproporre il solito scontro tra ‘buoni e cattivi’, Oriente e Occidente.
Nel cast il redivivo Christopher Lambert (Sam, un israeliano che ha ucciso un terrorista prima di un attentato), che aveva già collaborato con la regista, così come Remo Girone (Eric, padre di una ragazza che si è unita ai ‘freedom fighters’) e la Zinny, Rupert Wynne James (padre Emmanuel) e Stefano Crosta (Omar, reclutatore capo dell’Isis). Direttore della fotografia Renato Alfarano, montaggio di Massimo Quaglia e musiche di Jean-Marie Benjamin. José de Arcangelo
Nelle sale The Space di tutta Italia dal 13 aprile distribuito da Liamar Multimedia

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