venerdì 28 aprile 2017

Non solo uno scontro tra bande di ragazzi ma il quadro di un'Italia in procinto di diventare adulta ne "La guerra dei Cafoni" di Barletti & Conte, dal romanzo di Carlo D'Amicis

Presentato in anteprima al Bif&st - Bari International Film Festival, “La guerra dei cafoni” è un riuscito lungometraggio di Davide Barletti & Lorenzo Conte - Tratto dall’omonimo romanzo di Carlo D’Amicis (minimum fax 2008) - sull’eterna guerra fra ricchi e poveri, fra Signori e Cafoni, appunto, rappresentata nello scontro estivo tra due bande di ragazzi, in una Puglia magica e selvaggia dove è bandita ogni presenza
adulta, o quasi. Invece, se la presenza degli adolescenti può ricordare il romanzo (di William Golding) e il film (di Peter Brook), “Il signore delle mosche”, così come “La guerra dei bottoni” di Yves Robert, dal libro di Louis Pergaud, l’apologo stavolta non è sul lato oscuro dell’uomo, né il semplice scontro tra bande di ragazzini, ma casomai metafora della nostra società contemporanea che riflette arcaici modelli sociali, duri a morire.
Scritto dagli stessi registi con l’autore del libro e sceneggiato dai tre, con Barbara Alberti e la collaborazione di Giulio Calvani, “La guerra dei cafoni” racconta di una lotta tra bande - ambientata a Torrematta, territorio imprecisato e sconfinato –; da una parte i figli dei ricchi, dall’altra i figli di contadini e pescatori. A capo dei rispettivi schieramenti si scontrano il fascinoso Francisco Marinho (Pasquale Patruno) e il tenebroso Scaleno (Donato Paterno), un conflitto che si perpetua fin dalla culla, trascinando nella lotta di classe i propri ‘soldati’.
Ma stavolta i cafoni decidono di ribellarsi veramente alla supremazia dei signori: i simboli del loro potere verranno presi di mira e poi letteralmente attaccati, trasformando lo scontro in una vera e propria guerra di conquista e, con l’arrivo del ‘cittadino’ meccanico ‘Cugginu’ (Angelo Pignatelli), non solo supereranno i tipici ostacoli adolescenziali passanno all’età adulta, ma sullo sfondo si intravede un cambiamento epocale e, forse, il disfacimento sociale provocato dal consumismo e dalla ‘guerra’ del possesso. Nonostante allusioni, riferimenti e citazioni (libro e film sono ambientati negli anni Settanta), la
pellicola è soprattutto una favola epica e magica, poetica e surreale, in raro equilibrio tra riflessione e realismo che pian piano si trasforma in allegoria universale di una società che, negli ultimi quarant’anni, è cambiata, non solo nei rapporti sociali, economici e politici. Però, “La guerra dei cafoni” può essere visto e goduto come un tipico ‘film per ragazzi’ perché Barletti & Conte non trascurano l’avventura né il divertimento, e i ragazzi non professionisti (da protagonisti ai comprimari) dimostrano di avere la stoffa per diventare dei futuri attori.
Presentata in anteprima nella pre-apertura della Festa del Cinema di Roma - Alice nella Città 2016, e ai festival internazionali di Rotterdam, Pechino, Buenos Aires, New York, Copenaghen e Mosca, l’opera seconda degli autori del precedente “Fine pena mai”, coinvolge infatti adulti e ragazzi, e dimostra che il cinema italiano può tornare a essere degno di una platea internazionale. “La guerra dei cafoni non è solo uno scontro tra bande di ragazzi - affermano gli autori -, ma la
radicalizzazione del concetto di bene contro male, di bianco contro nero. Nella concezione di questi quattordicenni, la realtà è sottoposta a un principio ordinativo, e quindi a una linea divisoria che colloca gli individui da un lato o dall’altro. La divisione tra ricchi e poveri, signori o cafoni, ragazzo o ragazza rende la Guerra dei Cafoni un grande teatro degli opposti”. “I protagonisti della storia – concludono – sono in guerra soprattutto contro la finta riconciliazione delle diverse appartenenze, contro il politicamente corretto, contro l’ipocrita acquiescenza delle coscienze. La
violenza di Francisco Marinho e di Scaleno è priva di nevrosi o sadismi, è un linguaggio atavico, vitale, istintivo, una pulsione che parla del bisogno di resistere alla deriva piatta e bidimensionale di un’Italia in procinto, come loro, di diventare adulta”. Gli altri protagonisti: Letizia Pia Cartolaro (Mela), Alice Azzariti (Sabbrina), Piero Dioniso (Tonino) e la partecipazione di Ernesto Mahieux (Pedro) e Cladio Santamaria (Signore a cavallo). Intorno a loro, i Cafoni: Angelo Cucinelli (Culacchio), Pierpaolo Donno (Tedesco), Gaetano Fiore (Mucculone), Leonardo Morello
(Prosperu), Nicolò Grassi (Scorfano), Marco Dell’Aglio (Sorso di Mieru), Francesco De Taro (Craune), Luigi Indiveri (Tippetappe). I Signori: Kevin Magrì (Luca Viale), Pierluigi Elia (Elvis), Aleksander Di Tano (Telefunken), Pasquael Lepore (Cibalgina), Stefano Pellegrini (Merendina), Domenico Lacriola (Pavesino), Mariano Barnabà (Zanzarina), Angelo Corelli (Calimero), Davide Giarletti (Toshiro Mifune). Inoltre, Fabrizio Saccomanno (Papaquaremma), Danilo Palmisano (bambino), Fabrizio Pugliese (padre) e Franco Ferrante (servitore).
Per la prima volta negli ultimi anni, viene mostrata una Puglia inedita, non la solita ‘cartolina’, grazie al direttore della fotografia Duccio Cimatti, mentre il montaggio è firmato da Jacopo Quadri e le musiche originali da David Aaron Logan. José de Arcangelo
(4 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 27 aprile distribuito da Ismaele Film

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