giovedì 4 maggio 2017

"The Space Between", opera prima dell'italo-australiana Ruth Borgobello, con Flavio Parenti, un viaggio alla riscoperta delle proprie radici e alla riconquista dei sogni perduti

Arriva nelle sale italiane “The Space Between”, opera prima - girata interamente in Italia - dell’italo-australiana Ruth Borgobello che ha voluta ambientarla proprio in Friuli, a Udine e dintorni, terra dei suoi avi. Un suggestivo film tra dramma e commedia, nostalgia e scoperta. Il primo realizzato da noi da una regista australiana e la prima coproduzione fra Italia e Australia. Infatti, per la Borgobello si tratta di un’opera molto personale perché ispirata al suo viaggio alla
scoperta delle proprie radici e alla ricerca del coraggio per inseguire i suoi sogni nascosti e/o dimenticati e, al tempo stesso, un viaggio alla scoperta della sua anima gemella italiana. Prendendo spunto da una citazione delle Elegie Duinesi (I) di Rainer Maria Rilke: “Strano non continuare a desiderare i propri desideri. Non vedere ciò che un tempo era al proprio posto, galleggiare vaghi nello spazio”, “The Space Between” racconta l’incontro tra Marco (Flavio Parenti), ex chef dotato di vero talento che, per ragioni familiari, ha dovuto rinunciare alle proprie ambizioni; e Olivia (Maeve Dermody), una
giovane australiana piena di vita, alla ricerca delle proprie radici che anche lei ha buttato alle spalle i propri sogni per far carriera in banca. E, se Marco - dopo la tragica e improvvisa morte del suo migliore amico Claudio (Lino Guanciale) - è indeciso tra lasciare il lavoro (precario) in fabbrica e l’anziano padre, e la proposta di fare il vice chef nel più prestigioso ristorante italiano (Donati) di Melbourne; Olivia ripercorre i posti dove hanno vissuto i suoi nonni ed è anche lei indecisa sul fare o meno un colloquio per uno stage in un’azienda di design.
Tra campagna e vigneti, suggestivi paesaggi di montagna e il blu elettrico dell’Adriatico, i due giovani così diversi si ritrovano e pian piano scoprono di amarsi, proprio nel momento in cui le rispettive vite stanno per cambiare. Borgobello ci invita a riscoprire, con uno sguardo inedito, se si vuole tanto ingenuo quanto delicato, una parte del nostro Paese, diviso tra bellezza e disagio, attraverso una generazione dai sogni infranti e dalle passioni soffocate, tra crisi economica e delusione (Marco), anzi, dove i sogni hanno perso forza e libertà,
per farci (ri)scoprire sentimenti e passioni dimenticati (Olivia) ma che fanno parte dell’arte, dell’umanità e dell’anima del nostro Paese. Sceneggiato dalla regista con Mario Mucciarelli, la pellicola è accuratissimo nella forma, sostenuto da dialoghi giusti e credibili e da una buona direzione degli attori ed offre – com’era logico – una visione ‘dall’esterno’ della società italiana, non da ‘turista’ ma di chi scopre per la prima volta le sue origini: e il suo sguardo non può che essere affettuoso, dove prevalgono i lati positivi e lo sguardo ottimista, che
rievoca involontariamente le atmosfere anni Settanta. Magari, Borgobello non ha ancora la grinta giusta però possiede la stoffa della regista, tanto che il suo film indipendente (low budget) si rivela – nella confezione – come un film di serie A. “Per me – afferma l’autrice -, uno dei momenti più rivelatori nella vita è lo strano intreccio tra amore e perdita. La nascita di una nuova relazione che spesso segue la fine di una storia precedente. Il peggior momento della vita che si scontra con quello migliore, cambiandoci in modo definitivo”.
“Il mio film – prosegue – è il ritratto cinematografico di uno di questi momenti. Un momento che in Italia non riguarda solo il livello della vita intima e privata, ma che può essere considerato anche su più larga scala – se si pensa al tentativo di riconciliare i sogni del passato con la crisi del presente. Un momento in cui, come capita a Marco, molti italiani, pur circondati da bellezze storiche e naturali da togliere il fiato, sembrano essere incapaci di riconoscere e di sfruttare il potenziale di quanto hanno attorno”. Ed è questo il cuore della sua opera, alla quale contribuiscono la bella fotografia di Katie Milwright
(“Looking for Grace”), il preciso montaggio di Paul Maxwell e le funzionali musiche dell’udinese Teho Teardo. Accanto a Parenti (da “Io sono l’amore” a “To Rome with Love”) e Dermody (“Beautiful Kate”), recitano Fulvio Falzarano (padre di Marco), Marco Leonardi (Di Stasio), Giancarlo Previati (padre di Claudio), Ariella Reggio (zia). José de Arcangelo
(3 stelle su 5) Nelle sale italiane dal 4 maggio distribuito da Istituto Luce - Cinecittà

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