domenica 27 agosto 2017

Morto il regista Tobe Hooper: rivoluzionò il genere horror rendendolo terribilmente realistico con "Non aprite quella porta"

E’ scomparso – a 74 anni a Los Angeles - Tobe Hooper (sul set al centro della foto sotto a sinistra) proprio quando nelle sale sta per uscire il suo ultimo lavoro, nelle vesti di produttore, che è “Leatherface”, il prequel del suo mitico horror realistico e contemporaneo che lo rese famoso e rivoluzionò il genere: “Non aprite quella porta” (The Texas Chainsaw Massacre, 1974), ispirato non a caso ad un efferato e orribile fatto di cronaca nerissima, proprio nel suo Texas, visto che era nato ad Austin.
Un film che divenne subito cult e fece nascere un vero e proprio filone di horror quotidiani dove tutto il male che è nell’uomo viene fuori insanguinando non solo le pagine della cronaca nera dei giornali ma anche la strada e lo schermo. Anche perché nel capostipite era entrata in scena la ‘motosega’ con cui lo spietato Leatherface (maschera di pelle umana) massacrava le sue vittime. E, infatti, in questo caso si trattava di un’intera famiglia serial killer cannibale, spuntata fuori proprio nella società occidentale, tra consumismo e contestazione.
Verranno fuori poi (negli anni Ottanta) il Jason (maschera da hockey) di “Venerdì 13” e il di “Nightmare” (on Elm Street) di Wes Craven che diventeranno saghe interminabili, e anch’esse oggetti di recenti remake. E le vittime saranno sempre giovani spensierati (poi tormentati se sopravvissuti) con voglia di campeggio, aria pulita e sesso in libertà. Hooper non è stato tra i più prolifici – stava sprecando il suo talento come professore e operatore di documentari prima di decidersi a fare film -, comunque se la sua opera prima “Eggshells” (1969), non era
proprio un horror, i protagonisti erano degli hippie che occupavano una casa abbandonata nel bosco che si rivelerà, ovviamente, maligna, ma nel 1976 firma “Quel motel vicino alla palude” che, sempre in chiave contemporanea, rivisita topoi e personaggi tipici del genere, esasperando la violenza che è in noi, e avvalendosi – come era moda ieri come oggi – della partecipazione di vecchie glorie, da Mel Ferrer a Carolyn Jones ("La famiglia Adams" in tv), da Stuart Whitman allo stesso ‘assassino’ Neville Brand, star della serie B anni ’50-‘60. In un piccolo ruolo Robert Englund, futuro Freddy Krueger della serie “Nightmare”. Le armi dell’omicida erano
stavolta una grossa falce e un gigantesco ‘alligatore’, da lì l’accenno alla palude del titolo italiano, mentre l’originale recita “Mangiati vivi!” (Eaten Alive!) che da noi diventerà il titolo di una pellicola del filone cannibalesco firmata da Umberto Lenzi. I suoi film coinvolgono e spaventano perché anche la macchina da presa (spesso effetto in mano quando non la si usava più tanto) è addosso ai protagonisti – vittime e carnefici – e l’uso dello schermo panoramico ci fa ‘vivere’ l’inseguimento preda-assassino come su un frenetico carrello, appunto.
Dopo l’esperienza (probabilmente negativa) di “The Dark”, firmato solo da John ‘Bad’ Cardos (che in realtà lo sostituì), e il televisivo “Le notti di Salem” (uscito in molti paesi in sala), Hooper passa all’horror da luna park con “Il tunnel dell’orrore” (1981), dove la paura e il terrore finti diventano orribile realtà per il solito gruppo di ingenui ragazzi in cerca di divertimento. Cambia tono con “Poltergeist – Demoniache presenze” (1982), prodotto da Steven Spielberg – e da lui scritto con Michael Grais - a chi rende omaggio nella sequenza iniziale, quella dell’arrivo, sereno e felice, della
famigliola nella nuova casa che, naturalmente, nasconde un orribile segreto. E l’orrore s’insinua – inquietante - attraverso il piccolo schermo di un televisore, ricettacolo di vizi e virtù (della nostra società), in cui bene e male sono sempre in bilico. “Space Vampires” (1985) segna il passaggio (o ritorno alle origini) all’horror fantascientifico, suggestivo e accattivante, ma non del tutto coinvolgente. Manca, forse, l’inquietudine che di solito riesce a trasmettere allo spettatore. E’, invece, il tipico film di fantascienza “Invaders” (1986), tra passato e presente del genere, con una Karen Black in anticipato viale del tramonto. Un ragazzino (come nei film di Spielberg) tenta di fermare un
gruppo di mostruosi marziani (simili ad “Alien”) che hanno invaso la sua cittadina (vedi i film anni ’50) in attesa di fare il lavaggio del cervello ai suoi abitanti. Infatti si tratta del remake del film omonimo (in Italia “Gli invasori spaziali”), tratto dal romanzo di Richard Blake. Lo stesso anno esce “Non aprite quella porta 2”, sui toni del grottesco e in sintonia/contrasto con il perbenismo reaganiano che domina il Paese, senza dimenticare il suo stile volutamente ‘sgradevole’, anche se gli effetti speciali di Tom Savini sono stati censurati dai produttori. La feroce famiglia cannibale,
infatti, incontra uno sceriffo (Dennis Hopper) più psicopatico di loro. Nel 1987 Hooper passa quasi definitivamente al piccolo schermo, infatti, il terzo capitolo “Leatherface – Non aprite quella porta 3” da noi è uscito solo in videocassetta. Firma allora svariati tv-movie ed episodi di serial, non solo horror, da “Un giustiziere a New York” a “Racconti della cripta”; da “Storie incredibili” a “Freddy’s Nightmare”. E nel 1995 torna sul grande schermo con “The Mangler – La macchina infernale”, tratto da Stephen King, sorta di horror tecnologico non privo di
fascino (metaforico-sociale). Ma ritorna subito su quello piccolo: da “Un filo nel passato” a “Dark Skies – Oscure presenze”; da “Prey” ai film-tv. Ritorno ancora al cinema con “La casa dei massacri” (Toolbox Murders, 2004), ma il film esce quasi esclusivamente in Dvd inclusi gli States, tranne in pochissimi paesi dove esce in sala (tra cui Israele e Filippine). Nel 2005 gira il deludente – non dal punto di vista visivo - “Il custode” (Mortuary), solita storia di una casa maledetta in cui si trasferisce una coppia per iniziare una nuova vita dopo un grave lutto. Ne seguono due episodi del televisivo “Masters of Horror“.
E’, invece, del 2009 il suo penultimo film “Destiny Express Redux”, inedito in sala, presentato soltanto al South by Southwest Film Festival (Usa). Storia di uno zombi, con in mano un braccio, che attraversa il mondo alla ricerca del senso della vita, ma incontra una ragazza zombi che afferra un corpo… Riusciranno a formare un corpo umano intero? L’ultimo lungometraggio girato da Hooper è “Djinn” (2013) che narra di una coppia, originaria degli Emirati Arabi (il film è stato prodotto proprio lì), ritorna da un lungo viaggio e scopre che il loro nuovo appartamento è stato costruito sul luogo dove sono accaduti malefici avvenimenti. Finora inedito in sala in Europa.
Oltre a produrre la maggior parte dei suoi film, Tobe Hooper negli anni 2000 ha prodotto la serie di remake del suo “Non aprite quella porta” (2003) di Marcus Nispel, “Non aprite quella porta: l’inizio” (2006) di Jonathan Liebesman, “Non aprite quella porta 3D” (2013) di John Luessenhop, e - come anticipavamo - il recente “Leatherface” (2017) di Alexander Bustillo & Julien Maury, con Lili Taylor e Finn Jones, in uscita negli Usa il 20 ottobre e in anteprima mondiale in Italia il 14 settembre 2017. José de Arcangelo

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